Si apre la Stagione Lirica “regolare” 2021/22 del Teatro di Pisa, dopo la Tosca estiva al Giardino Scotto e la Trilogia Verdiana di settembre, presentata come in forma di festival. All’insegna della storica collaborazione con il Teatro Goldoni di Livorno, sabato 13 e domenica 14 novembre un titolo raramente proposto nei cartelloni italiani: La Tragédie de Carmen, opera teatrale e cinematografica dell’iconico regista Peter Brook, sostenuto da Marius Constant per la trascrizione musicale e dallo sceneggiatore Jean–Claude Carrière per il testo.
Una scelta che sicuramente coniuga i linguaggi musicali, drammaturgici e cinematografici in un intreccio strettissimo perfettamente in linea con la cifra stilistica inaugurata dalla Tosca e dalla Trilogia Verdiana. La stessa presenza di Tea Purtseladze nel ruolo di Micaela e già applaudita Tosca al Bastione Sangallo, sottolinea la continuità d’intenti, mentre è attesa la restante parte del cartellone tra titoli desueti, rivisitazioni inattese ma sempre nel rispetto della tradizione culturale, ed un approccio etico al ruolo del teatro pisano nel contesto sociale della città, dal sostegno ai giovani tramite audizioni di nuovi talenti alla assai consistente quota rosa della nuova Carmen che vede nei ruoli chiave di regia, scenografia e costumi donne di provata esperienza. Dalla regista e sceneggiatrice milanese Serena Sinigallia alla scenografa meneghina Maria Spazzi, alla costumista montenegrina Katarina Vukcevic, affinché la chiave sensuale voluta da Brook per la sua Carmen sia fortemente messa in essere da una profonda sensibilità femminile.
Questo adattamento della Carmen di Bizet realizzato da Peter Brook, forse il più grande fra i grandi della scena teatrale del Novecento, debuttò a Parigi nel 1981 per divenire uno dei capisaldi della storia del teatro e nell’83 un film, sempre firmato da Brook e mai giunto in Italia. Una versione dell’opera fortemente stilizzata, per un teatro di regia molto raffinato, giustificato dallo stile e dalla firma di Brook, con la rimozione di molti degli aspetti edonistici e folklorici di Carmen anche nella parte musicale per la severa riduzione cameristica di Marius Constant. Un’opera sull’opera, quasi un commento critico. In soli 82 minuti, senza intervallo, quattro cantanti, due attori e un’orchestra ridotta a 15 strumenti, propongono una versione estrema e radicale, quasi provocatoria, dell’opera di Bizet. Epurata da tutto ciò che non è stato ritenuto fondamentale ai fini della trama. Così Peter Brook: «L’opera non è un contratto musicale sulla carta, qualcosa tra avvocati; l’essenza fondamentale del lavoro teatrale è, per me, guardare alla partitura come ad un’indicazione di ciò che può l’immaginazione». L’intento, sottolinea ancora, non è «duplicare quel che c’è sulla carta», ma produrre che cosa aveva in mente il compositore quando ha scritto il brano.