Il secondo titolo della Stagione Lirica del Teatro di Pisa rende ancora omaggio al Centocinquantenario della morte di Gioachino Rossini. Il suo Mosè in Egitto, in scena venerdì 9 e domenica 11 novembre dopo la promozionale del 7, è una prima pisana. Il capolavoro non è infatti mai andato in scena nella nostra città dal suo esordio assoluto, lontano duecento anni esatti. Sul podio il M° Francesco Pasqualetti dirige l’Orchestra della Toscana, la regia è di Lorenzo Maria Mucci. Le scene e i costumi, dell’artista cubano Josè Yaque con Valentina Bressan, sono realizzati con materiali di Officina SCART® di Waste Recycling, società toscana del Gruppo Herambiente specializzata nel trattamento e riciclo dei rifiuti industriali. Una scelta di impegno civile, questa da parte del Teatro, per testimoniare come anche dagli scarti possa nascere il bello.
Mosè in Egitto, azione tragico-sacra in tre atti su libretto di Andrea Leone Tottola, debuttò nel marzo 1818 al Teatro San Carlo di Napoli. L’opera riscosse apprezzamento nei primi due atti, naufragando però nel terzo in cui suscitò contestazioni e persino ilarità, sembra anche a causa di inconvenienti tecnici accaduti durante la complessa scena del passaggio del Mar Rosso. Rossini riscrisse così tutta la parte l’anno successivo, aggiungendo peraltro la preghiera Dal tuo stellato soglio che divenne il brano più celebre della partitura. L’opera, che da qui ottenne un significativo trionfo, finì tuttavia per scomparire dalle scene dopo il rifacimento francese del 1827, per venire ripresa con successo soltanto dal 1981.
Così annota Daniele Spini nel suo saggio per il programma di sala dell’opera in programma a Pisa: «Dramma con molti protagonisti, qui interpretato come intreccio di storie individuali in costante relazione con eventi sempre più grandi dei singoli, più grandi perfino del Faraone d’Egitto o del profeta più importante nella storia del popolo ebraico, Mosè in Egitto vede la struttura musicale porsi in relazione reciproca con il taglio narrativo, anche per la distribuzione fra i vari personaggi degli impegni canori e delle presenze nei pezzi di insieme. C’è ancora belcanto, ma c’è anche una declamazione scolpita direttamente sulla parola e sul suo significato; ci sono finezze di scrittura vertiginose affidate all’orchestra; c’è il ruolo fondamentale del coro, da sempre veicolo di tragicità classicamente intesa, e nell’Ottocento elevato a voce di popolo». Il regista Lorenzo Maria Mucci sottolinea nelle sue note di regia come proprio la coralità intesa come manifestazione del sentimento collettivo determini la struttura drammaturgica dell’opera, segnandone il ritmo e fornendo la cornice alle vicende private della relazione. Una coralità che «si fa argomento politico nella contrapposizione tra due popoli, l’uno oppressore, l’altro schiavo e che aspira alla libertà; l’uno che spinge all’azione Faraone, l’altro che attende con ferma fiducia un segnale da Mosè». Annota infine il M° Francesco Pasqualetti: «Qui ci troviamo di fronte a un Rossini che è già romantico prima dei Romantici, che è all’avanguardia prima delle avanguardie, che compie scelte in orchestra che nessun compositore oserà per cento anni. Mosè in Egitto ci riserva delle sorprese, delle bellezze veramente straordinarie che è perfino difficile descrivere a parole: vi invito a lasciarvi stupire da una bellezza che non ci si aspetta».
Protagonisti delle recite pisane i bassi Federico Sacchi nel ruolo di Mosè e Alessandro Abis in quello di Faraone, i soprani Silvia Dalla Benetta nel ruolo di Amaltea, moglie del Faraone, e Natalia Gavrilan in quello della giovane ebrea Elcia, segretamente sposata con il figlio del Faraone, Osiride, interpretato dal tenore Ruzil Gatin. Il tenore Marco Mustaro è Mambre, il consigliere di Faraone, il tenore Matteo Roma è Aronne, il mezzosoprano Ilaria Ribezzi è Amenofi. Il disegno luci è di Michele Della Mea, il Coro è Ars Lyrica, Maestro del Coro Marco Bargagna.